PROPOSTA DI LEGGE

Capo I
NORME IN MATERIA DI INFORMAZIONE E CONSULTAZIONE DEI LAVORATORI

Art. 1.
(Diritti di informazione e consultazione).

      1. Nelle imprese che occupano complessivamente più di trentacinque dipendenti il personale, le rappresentanze sindacali unitarie ovvero le rappresentanze sindacali aziendali hanno diritto di essere informati e consultati, anche congiuntamente alle associazioni sindacali territoriali di categoria aderenti alle confederazioni dei lavoratori comparativamente più rappresentative sul piano nazionale, sulle materie e secondo le procedure previste dalla contrattazione collettiva, anche aziendale. In ogni caso, i rappresentanti dei lavoratori di cui al presente comma devono essere informati e consultati:

          a) sull'evoluzione recente e su quella prevedibile delle attività dell'impresa e dell'unità produttiva, nonché della situazione economica;

          b) sulla situazione, la struttura e l'evoluzione prevedibile dell'occupazione nell'ambito dell'impresa e dell'unità produttiva, nonché sulle eventuali misure anticipatrici previste e, in particolare, in caso di prevedibili conseguenze negative sull'occupazione;

          c) sulle decisioni suscettibili di comportare cambiamenti di rilievo in materia di organizzazione del lavoro, nonché di contratti di lavoro, comprese quelle in materia di licenziamenti collettivi e di trasferimento d'azienda.

 

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      2. I documenti informativi fatti pervenire alle rappresentanze sindacali ai sensi del comma 1 devono altresì essere diffusi per conoscenza tra il personale aziendale nelle forme ritenute più opportune, concordate tra l'azienda e le citate rappresentanze sindacali.
      3. Ai fini del computo del numero dei dipendenti di cui al comma 1, il calcolo è basato sul numero medio ponderato mensile di lavoratori impiegati negli ultimi due anni. I lavoratori con contratto a termine, con contratto di formazione e lavoro e con contratto di apprendistato sono computati nella misura del numero medio ponderato mensile della metà dei dipendenti interessati impiegati negli ultimi due anni. I lavoratori a tempo parziale con contratto a tempo indeterminato sono computati per intero. Sono esclusi dal computo i lavoratori in prova e a domicilio.

Art. 2.
(Modalità dell'informazione e della consultazione).

      1. L'informazione e la consultazione devono essere garantite in tempo utile, secondo le modalità e le condizioni previste dalle leggi e dalla contrattazione collettiva vigenti. L'informazione deve essere fornita dal datore di lavoro in tempi e con modalità tali da permettere ai rappresentanti dei lavoratori di procedere a un esame adeguato e di formulare, se necessario, un parere da esaminare in sede di consultazione.
      2. La consultazione avviene:

          a) garantendo che la data stabilita, le modalità di svolgimento e gli argomenti trattati siano adeguati all'oggetto della consultazione;

          b) al livello competente di direzione e di rappresentanza, in funzione dell'argomento trattato;

          c) sulla base delle informazioni pertinenti fornite dal datore di lavoro, in

 

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relazione all'importanza dell'argomento trattato;

          d) in modo tale da permettere ai rappresentanti dei lavoratori di avere uno o più incontri con il datore di lavoro e di ottenere una risposta motivata al loro eventuale parere;

          e) al fine di ricercare un accordo sulle decisioni che dipendono dal potere di direzione del datore di lavoro.

Art. 3.
(Informazioni riservate).

      1. I rappresentanti dei lavoratori che operano nell'ambito delle procedure di informazione e consultazione non possono rivelare a terzi notizie ricevute in via riservata e qualificate come tali dall'impresa. In caso di violazione del divieto, fatta salva la responsabilità civile, si applicano le sanzioni disciplinari previste dai contratti collettivi vigenti.
      2. Il datore di lavoro non è obbligato a comunicare le informazioni richieste qualora l'oggetto di tali informazioni sia suscettibile di creare notevoli difficoltà al funzionamento o all'attività esercitata dalle imprese interessate o di arrecare loro danno o di provocare turbativa dei mercati.
      3. I contratti e gli accordi collettivi possono prevedere l'istituzione di una commissione tecnica di conciliazione per le contestazioni relative alla natura riservata delle notizie fornite e qualificate come tali, nonché per l'individuazione delle informazioni suscettibili di creare notevoli difficoltà al funzionamento o all'attività esercitata dalle imprese interessate o di arrecare loro danno o di provocare turbative dei mercati.

Art. 4.
(Applicazione di disposizioni legislative e contrattuali).

      1. Sono fatti salvi le disposizioni di cui all'articolo 47 della legge 29 dicembre

 

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1990, n. 428, e successive modificazioni, e all'articolo 24 della legge 23 luglio 1991, n. 223, e successive modificazioni, nonché i diritti di informazione e consultazione regolati dalla legge, dai contratti e dagli accordi collettivi vigenti.

Art. 5.
(Sanzioni).

      1. Il mancato rispetto degli obblighi di informazione e consultazione costituisce condotta antisindacale ai sensi dell'articolo 28 della legge 20 maggio 1970, n. 300, e successive modificazioni.

Capo II
NORME IN MATERIA DI PARTECIPAZIONE DEI LAVORATORI

Art. 6.
(Ambito di applicazione).

      1. Ferme restando le disposizioni di cui al capo I, nelle imprese esercitate in forma di società per azioni o costituite in forma di Società europea, ai sensi del regolamento (CE) n. 2157/2001 del Consiglio, dell'8 ottobre 2001, le quali occupano complessivamente più di trecento lavoratori, e nelle quali lo statuto prevede che l'amministrazione e il controllo siano esercitati da un consiglio di gestione e da un consiglio di sorveglianza, in conformità agli articoli da 2409-octies a 2409-quaterdecies del codice civile, su richiesta di almeno il 30 per cento dei dipendenti della società o delle rappresentanze sindacali unitarie ovvero delle rappresentanze sindacali aziendali o, in mancanza, delle associazioni territoriali di categoria aderenti alle confederazioni dei lavoratori comparativamente più rappresentative sul piano nazionale, deve essere prevista la partecipazione di rappresentanti dei lavoratori nel consiglio di sorveglianza, per

 

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una quota non inferiore a un quinto e non superiore alla metà dei componenti, ai sensi di quanto previsto dai contratti collettivi stipulati con le associazioni di categoria aderenti alle confederazioni dei lavoratori comparativamente più rappresentative sul piano nazionale.
      2. Salvo che lo statuto non preveda un maggior numero di componenti, il consiglio di sorveglianza integrato dalla partecipazione dei rappresentanti dei lavoratori ai sensi del comma 1, è costituito da un numero di componenti, anche non soci, pari almeno a cinque.
      3. Al consiglio di sorveglianza e ai suoi componenti si applicano, in quanto compatibili, gli articoli 2389, 2400, terzo comma, 2402, 2403-bis, secondo e terzo comma, 2404, primo, terzo e quarto comma, 2406, 2408 e 2409-septies del codice civile.

Art. 7.
(Ripartizione dei seggi spettanti ai rappresentanti dei lavoratori nel consiglio di sorveglianza).

      1. Salvo diversa previsione di contratto o di accordo collettivo, i rappresentanti dei lavoratori nel consiglio di sorveglianza sono, per una quota corrispondente al 70 per cento, eletti dai dipendenti dell'impresa che hanno un'anzianità di lavoro di almeno un anno al momento della presentazione delle liste e, per la restante quota, designati dalle associazioni territoriali di categoria aderenti alle confederazioni dei lavoratori comparativamente più rappresentative sul piano nazionale. La proporzione tra le due quote deve essere, se numericamente possibile, paritaria. In caso di numero dispari è assicurata la prevalenza ai membri eletti dai dipendenti.
      2. Nella quota dei membri del consiglio di sorveglianza eletti dai dipendenti devono essere rappresentate, ove presenti, le categorie degli operai, degli impiegati, dei quadri e dei dirigenti.

 

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Art. 8.
(Rappresentanza nel consiglio di sorveglianza dei lavoratori che aderiscono a piani di azionariato).

      1. Tra i membri del consiglio di sorveglianza deve essere prevista la presenza di almeno un rappresentante dei dipendenti che aderiscono ai piani di azionariato di cui all'articolo 20.

Art. 9.
(Procedimento e regolamento elettorale).

      1. Entro quindici giorni dalla comunicazione alla società, da parte delle associazioni territoriali di categoria aderenti alle confederazioni dei lavoratori comparativamente più rappresentative sul piano nazionale, dei nomi dei membri del consiglio di sorveglianza che spetta loro designare, le rappresentanze sindacali unitarie ovvero le rappresentanze sindacali aziendali o, in mancanza, le citate associazioni territoriali di categoria indicono le elezioni per scegliere i membri del consiglio di sorveglianza che spetta ai lavoratori eleggere, secondo la quota, le regole sull'elettorato attivo e passivo e la proporzione fra i componenti di cui agli articoli 6 e 7, nonché i rappresentanti dei dipendenti aderenti ai piani di azionariato di cui all'articolo 8.
      2. L'elezione avviene su liste uniche, presentate dalle rappresentanze sindacali unitarie ovvero dalle rappresentanze sindacali aziendali, oppure da lavoratori e sottoscritte da almeno il 30 per cento degli aventi diritto al voto.
      3. L'elezione è a scrutinio segreto e a voto libero. Risultano elette le persone che ottengono il numero maggiore di preferenze espresse, osservata la ripartizione fra le diverse componenti di dipendenti di cui all'articolo 7, comma 2.

 

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Art. 10.
(Discipline contrattuali collettive).

      1. Le regole e le procedure relative all'elezione dei rappresentanti dei lavoratori nel consiglio di sorveglianza possono essere più specificamente disciplinate da contratti collettivi, anche aziendali, stipulati con le associazioni sindacali aderenti alle confederazioni dei lavoratori comparativamente più rappresentative sul piano nazionale, nel rispetto dei criteri e delle proporzioni di partecipazione stabiliti dalla presente legge.
      2. In mancanza di specifiche previsioni contrattuali, e fermi restando i criteri fissati dalla presente legge, le procedure elettorali hanno luogo secondo un apposito regolamento elettorale da adottare, entro un anno dalla data di entrata in vigore della medesima legge, con decreto del Ministro del lavoro e della previdenza sociale, di concerto con il Ministro dello sviluppo economico e previa intesa con le confederazioni dei lavoratori comparativamente più rappresentative sul piano nazionale.

Art. 11.
(Istituzione del comitato consultivo).

      1. Nelle società in qualsiasi forma costituite che occupano almeno trecento lavoratori, e nelle società per azioni nelle quali non è prevista una partecipazione dei lavoratori nel consiglio di sorveglianza ai sensi dell'articolo 6, è istituito un comitato consultivo composto da rappresentanti dei lavoratori.
      2. Nei gruppi di società collegate, controllanti o controllate ai sensi dell'articolo 2359 del codice civile da altre società anche estere, i quali occupano complessivamente più di trecento lavoratori, il comitato consultivo è costituito in ciascuna società che occupa almeno trentacinque lavoratori.

 

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Art. 12.
(Informazioni obbligatorie).

      1. L'organo amministrativo della società di cui all'articolo 11 deve trasmettere ogni sei mesi ai componenti del comitato consultivo una relazione illustrativa della situazione economica, finanziaria, produttiva e occupazionale della società stessa. Sulle relazioni periodiche di cui al presente comma il comitato consultivo esprime un parere preventivo e non vincolante.
      2. Il comitato consultivo può inoltre formulare osservazioni e raccomandazioni sulle proposte di deliberazione della società concernenti:

          a) la cessazione o il trasferimento di aziende o di parti importanti delle medesime, le fusioni e le incorporazioni, i nuovi insediamenti, la costituzione di rapporti di cooperazione con altre società;

          b) le limitazioni, gli ampliamenti o le modifiche delle attività aziendali, le riconversioni produttive, le modificazioni dell'organizzazione aziendale e del lavoro che comportano rilevanti conseguenze sull'occupazione e sulla mobilità dei lavoratori.

Art. 13.
(Composizione del comitato consultivo e nomina dei componenti. Requisiti di eleggibilità. Procedimento elettorale).

      1. I contratti e gli accordi collettivi stipulati con le associazioni di categoria aderenti alle confederazioni dei lavoratori comparativamente più rappresentative sul piano nazionale disciplinano la composizione del comitato consultivo, le procedure di nomina dei componenti, i requisiti di eleggibilità e il procedimento elettorale.

 

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Art. 14.
(Costituzione e funzionamento del comitato consultivo).

      1. Nei limiti delle disposizioni di legge e di contratto collettivo, il comitato consultivo disciplina con propri regolamenti l'organizzazione interna e le modalità di funzionamento.

Art. 15.
(Informazioni riservate).

      1. I componenti del comitato consultivo non possono rivelare a terzi notizie ricevute in via riservata e qualificate come tali dall'impresa. In caso di violazione del divieto, fatta salva la responsabilità civile, si applicano, ove compatibili, le sanzioni disciplinari previste dai contratti collettivi vigenti.
      2. Il datore di lavoro non è obbligato a comunicare le informazioni richieste qualora l'oggetto di tali informazioni sia suscettibile di creare notevoli difficoltà al funzionamento o all'attività esercitata dalle imprese interessate o di arrecare loro danno o di provocare turbativa dei mercati.
      3. I contratti e gli accordi collettivi possono prevedere l'istituzione di una commissione tecnica di conciliazione per le contestazioni relative alla natura riservata delle notizie fornite e qualificate come tali, nonché per l'individuazione delle informazioni suscettibili di creare notevoli difficoltà al funzionamento o all'attività esercitata dalle imprese interessate o di arrecare loro danno o di provocare turbative dei mercati.

Art. 16.
(Garanzie riconosciute ai componenti del comitato consultivo).

      1. Gli oneri economici per l'elezione e il funzionamento del comitato consultivo

 

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sono a carico della società nella quale esso è istituito ai sensi dell'articolo 11.
      2. I componenti del comitato consultivo hanno diritto, se dipendenti, a permessi retribuiti in misura non inferiore a sedici ore trimestrali, consensualmente assorbibili fino a concorrenza in caso di accordi che stabiliscono condizioni di miglior favore rispetto a quanto previsto dalle leggi vigenti. Ad essi si applicano, altresì, le disposizioni contenute negli articoli 22 e 24 della legge 20 maggio 1970, n. 300.
      3. In considerazione della durata prevedibile degli incontri, dell'oggetto e del luogo delle riunioni, la contrattazione collettiva può prevedere il riconoscimento di ulteriori ore annuali di permessi retribuiti.

Art. 17.
(Sanzioni).

      1. Il mancato rispetto degli obblighi di informazione e consultazione del comitato consultivo costituisce condotta antisindacale ai sensi dell'articolo 28 della legge 20 maggio 1970, n. 300, e successive modificazioni.

Capo III
NORME IN MATERIA DI RENDICONTO AZIENDALE

Art. 18.
(Rendiconto aziendale).

      1. Le società, in qualsiasi forma costituite, che occupano complessivamente più di trecento lavoratori devono redigere annualmente un rendiconto aziendale, da allegare al bilancio di esercizio. Copia del rendiconto aziendale deve essere consegnata al comitato consultivo, ove istituito ai sensi dell'articolo 11, nonché alle rappresentanze sindacali unitarie ovvero alle rappresentanze sindacali aziendali e in forma divulgativa al personale aziendale.

 

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      2. Il rendiconto di cui al comma 1, corredato da informazioni statistiche, deve essere redatto secondo i criteri specificati dal presente comma. Esso deve rappresentare in modo trasparente la situazione economica, finanziaria e sociale della società e deve tenere conto delle seguenti voci, le quali possono essere ulteriormente suddivise, comprendendo in ogni caso: sintesi del bilancio di esercizio, struttura societaria, situazione finanziaria, investimenti per nuovi insediamenti e apertura o chiusura di unità produttive, situazione occupazionale di fine anno e previsionale, indici e dati sulla organizzazione del lavoro, ambiente di lavoro, produzione, investimenti in formazione, ricerca e sviluppo, gestione corrente, sistemi di gestione, personale dipendente, qualificazione e riqualificazione professionali, mobilità interna, orario di lavoro, retribuzioni globali, forme di partecipazione economica, opere di solidarietà sociale, nonché criteri generali di utilizzo delle risorse aziendali e di riparto del valore aggiunto.

Capo IV
NORME IN MATERIA DI PARTECIPAZIONE AZIONARIA DEI LAVORATORI

Art. 19.
(Ambito di applicazione).

      1. Rientrano nell'ambito di applicazione della presente legge tutti i lavoratori dipendenti della società datrice di lavoro, anche se assunti con contratto di lavoro a tempo parziale o con contratto di lavoro a tempo determinato, ad eccezione dei lavoratori in prova.
      2. Previo consenso delle rappresentanze sindacali unitarie ovvero delle rappresentanze sindacali aziendali, o, in mancanza, delle associazioni territoriali di categoria aderenti alle confederazioni dei lavoratori comparativamente più rappresentative sul piano nazionale, i piani di azionariato dei

 

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dipendenti, di cui all'articolo 20 della presente legge, possono essere estesi anche ai dipendenti delle società controllanti, controllate o collegate, in deroga a quanto previsto dagli articoli 2349, primo comma, e 2441, ottavo comma, del codice civile.
      3. I prestatori di lavoro che hanno stipulato contratti di lavoro, a tempo determinato o indeterminato, con società abilitate alla somministrazione di manodopera, ai sensi del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276, possono aderire ai piani di azionariato dei dipendenti delle medesime società di somministrazione. In relazione a quanto disposto dall'articolo 23, comma 4, primo periodo, del citato decreto legislativo n. 276 del 2003, i contratti collettivi delle società utilizzatrici possono stabilire modalità e criteri per la determinazione della partecipazione dei lavoratori temporanei ai citati piani in funzione delle erogazioni economiche correlate ai risultati conseguiti nella realizzazione di programmi concordati tra le parti o collegati all'andamento economico della società utilizzatrice.
      4. Agli effetti delle disposizioni di cui alla presente legge sono equiparati ai lavoratori di cui al comma 1 i prestatori di lavoro a progetto, di cui al titolo VII del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276, e successive modificazioni. Sono altresì equiparati ai lavoratori di cui al comma 1 i dipendenti a riposo almeno da tre anni.

Art. 20.
(Istituzione di piani di azionariato dei dipendenti).

      1. I piani di azionariato dei dipendenti, di seguito denominati «piani», possono essere istituiti sulla base di contratti o di accordi collettivi, a livello aziendale o multi-aziendale.
      2. I piani sono attuati mediante la promozione o la costituzione di apposite società di investimento a capitale variabile (SICAV) riservate ai dipendenti, in attività o a riposo, delle aziende firmatarie. La

 

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denominazione delle SICAV deve contenere l'indicazione di «fondo comune d'impresa», di seguito denominato «fondo». Ai fondi non si applicano le disposizioni degli articoli 2333, 2334, 2335 e 2336 del codice civile.
      3. Le azioni e gli altri strumenti finanziari rappresentativi di capitale di rischio o che danno diritto a sottoscrivere o ad acquistare tali strumenti finanziari nonché i derivati su tali strumenti, emessi o ceduti in attuazione del piano, sono assegnati alle SICAV in ragione delle adesioni dei dipendenti al piano stesso. Le SICAV emettono in contropartita azioni, da assegnare agli aderenti al piano in proporzione alla loro partecipazione ad esso.
      4. Alle deliberazioni di aumento di capitale finalizzate all'assegnazione di strumenti finanziari ai piani non si applicano le disposizioni dell'articolo 2441 del codice civile.

Art. 21.
(Adesione al piano).

      1. L'adesione al piano da parte dei singoli lavoratori è volontaria.
      2. Gli aderenti al piano non possono chiedere il rimborso delle azioni prima che sia decorso un termine che il piano stesso non può fissare in misura inferiore a tre anni. Il rimborso delle azioni può tuttavia essere richiesto anche prima della scadenza di tale termine, in pendenza di un'offerta pubblica di acquisto o di scambio avente ad oggetto strumenti finanziari assegnati al piano.
      3. Gli aderenti al piano che possiedono o acquistano individualmente gli strumenti finanziari oggetto del piano stesso possono conferire alla SICAV tali strumenti finanziari. Non si applicano le disposizioni degli articoli 2343 e 2343-bis del codice civile.
      4. Ai fini dell'adesione al piano il dipendente può chiedere, in costanza di rapporto di lavoro, anche in deroga alle disposizioni di cui all'articolo 2120, commi sesto, settimo e ottavo, del codice civile, una anticipazione del trattamento cui

 

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avrebbe diritto nel caso di cessazione del rapporto di lavoro alla data della richiesta nella misura stabilita dai contratti o dagli accordi collettivi.
      5. I contratti e gli accordi collettivi possono destinare una quota parte della retribuzione integrativa o incentivante, in misura non superiore al 15 per cento della retribuzione globale di fatto, per l'adesione al piano.
      6. L'adesione al piano non può essere fonte di discriminazioni e deve in ogni caso garantire ai singoli lavoratori, a pari condizioni in relazione alla categoria, al livello di inquadramento e all'anzianità di servizio, la parità di trattamento.
      7. Per le violazioni delle disposizioni di cui al comma 6 del presente articolo trovano applicazione le disposizioni di cui agli articoli 15, 16 e 28 della legge 20 maggio 1970, n. 300, e successive modificazioni, al libro III, titolo I, capi I, II e III, del codice di cui al decreto legislativo 11 aprile 2006, n. 198, e all'articolo 43 del testo unico di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286.

Art. 22.
(Disciplina dei fondi comuni d'impresa).

      1. Salvo quanto previsto dai commi 2, 3, 4 e 5 del presente articolo, ai fondi istituiti ai sensi dell'articolo 21 della presente legge non si applicano le disposizioni previste dal testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria, di cui al decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, e successive modificazioni, in materia di gestione collettiva del risparmio.
      2. La custodia degli strumenti finanziari e delle disponibilità liquide dei fondi è affidata a un depositario. Possono assumere l'incarico di depositario le banche, le società di intermediazione mobiliare, le imprese di investimento e le società di gestione del risparmio italiane o autorizzate ad operare in Italia. Al depositario si applicano le disposizioni degli articoli 36, commi 4 e 5, e 38, commi 1 e 2, del testo unico di cui al decreto legislativo 24 febbraio

 

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1998, n. 58, e successive modificazioni.
      3. Agli organi di gestione e di controllo dei fondi si applicano le disposizioni degli articoli 36, commi 4 e 5, e 40, commi 1 e 2, del testo unico di cui al decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, e successive modificazioni.
      4. Ai fondi si applicano le disposizioni degli articoli 2527, primo comma, 2530, 2538, commi secondo, quarto e quinto, e 2540 del codice civile, nonché degli articoli 45, commi 1, 2, 6, lettere b), c) e c-bis), 7 e 8, e 48, comma 1, primo periodo, del testo unico di cui al decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, e successive modificazioni. Salvo quanto previsto dall'articolo 21 della presente legge, si applica l'articolo 45 del medesimo testo unico di cui al decreto legislativo n. 58 del 1998, e successive modificazioni.
      5. Agli effetti delle disposizioni dell'articolo 43, comma 8, del testo unico di cui al decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, i fondi istituiti mediante accordi a livello multi-aziendale sono suddivisi in tanti comparti quante sono le aziende aderenti al piano.
      6. I fondi sono considerati investitori professionali agli effetti delle disposizioni stabilite dagli articoli 30 e 100, comma 1, lettera a), del testo unico di cui al decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, e successive modificazioni.

Art. 23.
(Attività dei fondi).

      1. Il patrimonio dei fondi non può essere oggetto di operazioni di investimento e disinvestimento. È fatta salva la facoltà di investire in strumenti finanziari emessi dalle aziende che istituiscono il piano, i dividendi e gli altri proventi percepiti dal fondo, ferma restando la possibilità della distribuzione degli stessi agli aderenti.
      2. I fondi possono sollecitare deleghe di voto tra i dipendenti in attività e i dipendenti a riposo delle società aderenti al

 

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piano in deroga agli articoli 138, 139 e 140 del testo unico di cui al decreto legislativo 24 febbraio 1998 n. 58, e successive modificazioni. A tali sollecitazioni si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni contenute negli articoli 141, commi 3 e 4, 142 e 143 del medesimo testo unico di cui al decreto legislativo n. 58 del 1998, nonché quelle emanate dalla Commissione nazionale per le società e la borsa in materia di raccolta di deleghe di voto, ai sensi dell'articolo 144 del medesimo testo unico.

Art. 24.
(Recesso dell'aderente).

      1. In caso di recesso, l'aderente può richiedere la liquidazione in danaro della propria quota ovvero l'assegnazione degli strumenti finanziari oggetto del piano. Per la determinazione del valore della quota si applicano i criteri stabiliti dalla Banca d'Italia ai sensi dell'articolo 6, comma 1, lettera c), numero 4), del testo unico di cui al decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58.

Art. 25.
(Trattamento fiscale dei piani).

      1. Le disposizioni di cui all'articolo 51, commi 2, lettere g) e g-bis), e 2-bis, del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, e successive modificazioni, si applicano anche alle azioni e agli strumenti finanziari assegnati in attuazione dei piani.
      2. Ai fini di cui al comma 1 del presente articolo, l'importo massimo previsto dalla lettera g) del comma 2 dell'articolo 51 del citato testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, e successive modificazioni, è fissato in 2.582,28 euro, e il periodo minimo di possesso di cui alla medesima lettera è fissato in quattro anni. La condizione del periodo minimo di possesso

 

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si applica ai trasferimenti effettuati dalla SICAV anche in sede di rimborso agli aderenti al piano, esclusi conferimenti alla SICAV delle azioni e degli altri strumenti finanziari da parte di tali aderenti nonché le cessioni di azioni della SICAV.
      3. Non concorrono a formare il reddito da lavoro dipendente i prestiti di fedeltà concessi agli aderenti al piano. Con tale definizione si intendono, ai fini della presente legge, i prestiti di favore erogati dai soggetti indicati all'articolo 51, comma 2-bis, del citato testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, e successive modificazioni, destinati alla sottoscrizione delle azioni della SICAV. Gli oneri finanziari connessi alla concessione di tali prestiti sono deducibili dal reddito di impresa del soggetto erogante.
      4. Gli importi versati dagli aderenti al piano in sede di sottoscrizione delle azioni della SICAV, diversi da quelli di cui al comma 3 e fino ad un massimo di 5.164,57 euro, danno diritto a una detrazione dall'imposta sul reddito delle persone fisiche pari al 19 per cento.
      5. Ai fondi si applicano le disposizioni di cui all'articolo 14 del decreto legislativo 25 gennaio 1992, n. 84, e successive modificazioni.